Original version of Vasari’s description

“Aveva dunque Filippo per questo effetto, fra due legni di que' che reggevano il tetto della chiesa, accomodata una mezza palla tonda a uso di scodella vòta overo di bacino da barbiere, rimboc[c]ata all'ingiù; la quale mezza palla era di tavole sottili e leggeri confitte a una stella di ferro che girava il sesto di detta mezza palla, e strignevano verso il centro, che era bilicato in mezzo, dove era un grande anello di ferro intorno al quale girava la stella de' ferri che reggevano la mezza palla di tavole. E tutta questa machina era retta da un legno d'abeto gagliardo e bene armato di ferri, il quale era a traverso ai cavalli del tetto; et in questo legno era confitto l'anello che teneva sospesa e bilicata la mezza palla, la quale da terra pareva veramente un cielo. E perché ella aveva da piè nell'orlo di dentro certe base di legno tanto grandi e non più che uno vi poteva tenere i piedi, et all'altezza d'un braccio, pur di dentro, un altro ferro, si metteva in su ciascuna delle dette basi un fanciullo di circa dodici anni, e col ferro alto un braccio e mezzo si cigneva in guisa che non avrebbe potuto, quando anco avesse voluto, cascare. Questi putti, che in tutto erano dodici, essendo accomodati come si è detto sopra le base, e vestiti da Angeli con ali dorate e capegli di mattasse d'oro, si pigliavano, quando era tempo, per mano l'un l'altro, e dimenando le braccia pareva che ballassino, e massimamente girando sempre e movendosi la mezza palla; dentro la quale, sopra il capo degl'Angioli, erano tre giri over ghirlande di lumi acomodati con certe piccole lucernine che non potevano versare: i quali lumi da terra parevano stelle, e le mensole, essendo coperte di bambagia, parevano nuvole.

Del sopradetto anello usciva un ferro grossissimo, il quale aveva a canto un altro anello, dove stava apiccato un canapetto sottile che, come si dirà, veniva in terra. E perché il detto ferro grosso aveva otto rami che giravano in arco quanto bastava a riempiere il vano della mezza palla vòta, e il fine di ciascun ramo un piano grande quanto un tagliere, posava sopra ogni piano un putto di nove anni in circa, ben legato con un ferro saldato nelle altezza del ramo, ma però in modo lento, che poteva voltarsi per ogni verso.

Questi otto Angioli retti del detto ferro, mediante un arganetto che si allentava a poco a poco, calavano dal vano della mezza palla fino sotto al piano de' legni piani che reggono il tetto otto braccia, di maniera che erano essi veduti e non toglievano la veduta degl'Angioli ch'erano intorno al didentro della mezza palla. Dentro a questo mazzo degl'otto Angeli (che così era propriamente chiamato) era una mandorla di rame, vòta dentro, nella quale erano in molti buchi certe lucernine messe in sur un ferro a guisa di cannoni, le quali, quando una molla che si abbassava era tocca, tutte si nascondevano nel vòto della mandorla di rame, e, come non si aggravava la detta molla, tutti i lumi per alcuni buchi di quella si vedevano accesi. Questa mandorla, la quale era apiccata a quel canapetto, come il mazzo era arrivato al luogo suo, allentato il picciol canapo da un altro arganetto, si moveva pian piano e veniva sul palco dove si recitava la festa; sopra il qual palco, dove la mandorla aveva da posarsi apunto, era un luogo alto a uso di residenza, con quattro gradi, nel mezzo del quale era una buca, dove il ferro apuntato di quella mandorla veniva a diritto; et essendo sotto la detta residenza un uomo, arivata la mandorla al luogo suo, metteva in quella senza esser veduto una chiavarda, et ella restava in piedi e ferma. Dentro la mandorla era a uso d'angelo un giovinetto di quindici anni in circa cinto nel mezzo da un ferro, e nella mandorla da piè chiavardato in modo che non poteva cascare: e perché potesse ingenoc[c]hiarsi era il detto ferro di tre pezzi, onde ingenoc[c]hiandosi entrava l'un nell'altro agevolmente. E così quando era il mazzo venuto giù e la mandorla posata in sulla residenza, chi metteva la chiavarda alla mandorla schiavava anco il ferro che reggeva l'Angelo, onde egli uscito caminava per lo palco e giunto dove era la Vergine la salutava et annunziava. Poi tornato nella mandorla e racesi i lumi che al suo uscirne s'erano spenti, era di nuovo chiavardato il ferro che lo reggeva da colui che sotto non era veduto; e poi, allentato quello che la teneva, ell'era ritirata su, mentre cantando gl'Angeli del mazzo e quelli del cielo che giravano, facevano che quello pareva propriamente un paradiso, e massimamente che oltre al detto coro d'Angeli et al mazzo, era a canto al guscio della palla un Dio Padre circondato d'Angeli simili a quelli detti di sopra, e con ferri accomodati: di maniera che il cielo, il mazzo, il Dio Padre, la mandorla con infiniti lumi e dolcissime musiche rappresentavano il paradiso veramente”.

From: Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori: nelle redazioni del 1550 e 1568, editors: Paola Berocchi and Rosanna Bettarini - 6 volumes. Florence 1966. Vol. 3, 189-190, ed. 1568.