La Macchina del Paradiso
nella tradizione teatrale fiorentina

Alessandra Buccheri

La macchina del Paradiso

... sofisticato ingegno teatrale usato a Firenze durante alcune delle rappresentazioni del teatro religioso.

Questi sofisticati apparati, allestiti all’interno delle chiese, erano delle strutture in legno caratterizzate da un’ampia apertura che rivelava la superficie interna di una cupola dove erano rappresentati i nove cieli del Paradiso.

Ancorata all’estremità inferiore di una sorta di mandorla-ascensore, vi era una piccola piattaforma, ricoperta di bambagia, su cui il personaggio sacro poteva stare come se fosse in piedi su una nuvola.

A volte, altre piccole nuvole-piattaforma con sopra altri angeli, potevano essere aggiunte ai lati del personaggio principale.

Questa incisione, databile a circa il 1500, è la prima documentazione grafica della Macchina del Paradiso

Qui la Macchina del Paradiso è utilizzata per rappresentare l’episodio dell’Annunciazione, che di solito si svolgeva all’interno della chiesa fiorentina di S. Felice in Piazza durante la Festa dell’Annunciazione il 25 Marzo. La stessa rappresentazione poteva essere fatta anche in occasione di eventi di particolare rilievo, come il matrimonio di un membro della famiglia dei Medici, che era la dinastia regnante di allora, o per la visita di un personaggio importante. 

La Mandorla

Nell’iconografia cristiana la mandorla è associata dalla luce che circonda il divino, inclusi gli angeli, durante la sua apparizione in terra. Nella tradizione del teatro sacro, la mandorla diventa una macchina teatrale usata per trasportare i personaggi sacri per scendere e/o salire da un Paradiso costruito per l’occasione.

Questo disegno tecnico di Buonaccorso Ghiberti, nipote del più famoso Lorenzo, descrive il funzionamento di questa macchina. Una mandorla in ferro era usata come “ascensore”. Il personaggio sacro stava all’interno della mandorla, come descritto nella xilografia dell’Annunciazione

La mandorla veniva manovrata su e giù attraverso corde e pulegge (raffigurate nel disegno in altro a destra), ed era spesso arricchita da un sistema di illuminazione. Le luci, collocate intorno alla mandorla, erano costituite da piccole candele nascoste all’interno di cilindretti di ferro, come descritto nel testo di accompagnamento al disegno. I cilindretti, che potevano essere mossi su e giù, mostravano la luce delle candele solo quando venivano spostati verso l’alto, illuminando improvvisamente la mandorla.

La mandorla era spesso collocata su una nuvola (una piattaforma ricoperta di bambagia), come è possibile notare nell’incisione dell’Annunciazione. A volte anche la stessa mandorla era ricoperta di bambagia, come se fosse essa stessa una nuvola.

La festa dell’Annunciazione

 L’ Annunciazione era uno dei temi più diffusi nel teatro religioso di tutta Europa. A Firenze era una delle feste più importanti data la particolare devozione della città verso la Vergine Maria.

Nella seconda metà del Cinquecento, lo spettacolo dell’Annunciazione, che tradizionalmente era allestito dentro la Chiesa di S. Felice in Piazza, viene spostato all’interno della Chiesa di S. Spirito per iniziativa di Giorgio Vasari

Questa incisione rappresenta simultaneamente due momenti:

1 Sullo sfondo l’Arcangelo Gabriele scende su una nuvola dal Paradiso

2 Sul primo piano invece annuncia il messaggio alla Vergine Maria

Mentre la macchina del Paradiso era ancorata alle travi del tetto, il porticato sotto il quale si trovava Maria era collocato sopra un’impalcatura costruita per l’occasione. Tanto gli angeli che Maria erano impersonati da attori di sesso maschile, non essendo permesso di recitare alle donne.

La festa dell’Annunciazione è documentata a Firenze a partire dalla metà del XV secolo; va detto però che, come molte feste tradizionali, anche questa è probabilmente cominciata prima della sua prima apparizione documentaria, e quindi intorno all’inizio del XV secolo o anche prima.

Nel 1533 la festa conobbe un’improvvisa interruzione dovuta al fatto che la chiesa di S. Felice in Piazza passò dai monaci camaldolesi alle monache domenicane di S. Pietro Martire, che non permisero che la festa fosse rappresentata presso la loro sede. La macchina dell’Annunciazione fu quindi rimossa da S. Felice e conservata in un magazzino ubicato nei pressi del chiostro della chiesa del Carmine, dove Giorgio Vasari la prelevò, insieme ad altri ingegni teatrali, per restaurarla e utilizzarla nella festa dell’Annunciazione del 1566 nella chiesa di S. Spirito.

Teatro e Pittura

La stessa struttura rappresentata nell’incisione della festa dell’Annunciazione è ben visibile nell’ Assunzione della Vergine, dipinta dal pittore fiorentino Francesco Botticini intorno al 1475.

Dove la cupola del Paradiso, contenente le nove gerarchie angeliche, è quasi intagliata in un cielo rigido come il legno. L’opera di Botticini è il primo esempio conosciuto in cui il Paradiso è rappresentato in un modo così aderente al corrispondente ingegno teatrale.

Proprio per questo motivo è considerata uno degli esempi più eloquenti dell’influsso del teatro religioso sulle arti figurative.

La stessa apertura circolare che rivela il Paradiso nell’Assunzione di Botticini si ritrova nella Natività Mistica di Sandro Botticelli (1445–1510) dipinta intorno al 1500.

Il dipinto di Botticelli mostra anche un’altra caratteristica tipica della Macchina del Paradiso: gli angeli danzanti lungo il bordo dell’apertura che si tengono per mano. Gli angeli danzanti sono presenti anche nella Macchina del Paradiso disegnata da Giorgio Vasari nel 1566. 

La Macchina del Paradiso di Giorgio Vasari

Il famoso artista e intellettuale Giorgio Vasari disegna una Macchina del Paradiso per una festa dell’Annunciazione rappresentata in occasione del matrimonio di Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria, celebrato nel 1566 nella Chiesa di Santo Spirito a Firenze. 

Non ci sono fonti figurative per questo spettacolo e non abbiamo quindi delle informazioni dettagliate sulla messa in scena. Ma sulla base delle varie documentazioni scritte è possible comunque arrivare a un’idea generale di come dovesse funzionare l’apparato, come illustra la ricostrusione qui proposta, basata soprattutto su due descrizioni, quella di Domenico Mellini, letterato della corte medicea, e quella di Giorgio Vasari:

Apparato scenico per la festa dell’Annunciazione progettata da Giorgio Vasari e rappresentata nella Chiesa di S. Spirito a Firenze nel 1566. Proposta di ricostruzione di Alessandra Buccheri; disegno di Chiara Buccheri © 2008

“Come racconta Domenico Mellini: “Era fatto il palco della rappresentazione sotto la cupola, …, e sopra il detto palco era fatto la camera della Vergine con il suo letto (…). Di poi si apriva il Cielo, il quale era fatto dentro al vano della Cupola di detta Chiesa, e appariva il Paradiso aperto ripieno d’uno splendore stupendissimo, nel quale si vedeva dio Padre in mezzo a molti Angeli, e Cherubini, il quale commetteva all’Angelo Gabriello, che scendessi in terra, e annunziassi a Maria Vergine l’Incarnazione del suo Figliolo. Dipoi l’Angelo Gabriello in una bella mandorla ripiena tutta di lumi scendeva a poco a poco in terra, e sopra di lui era un coro di Angeli, che scendeva insieme seco quasi fino a mezz’aria, poi si fermava, e la mandorla, dove era l’angelo Gabbriello, da per se scendeva a poco a poco in terra, e, dove arrivato, usciva dalla mandorla, e subito tutti lumi, e splendore di essa mandorla, si apriva, e lui con bellissima grazia pianamente andando, si conduceva avanti alla Vergine, e con voce quasi divina gli esponeva la imbasciata di Dio.”

Ricordi intorno ai costumi, azioni, e governo del sereniss. gran duca Cosimo I. scritti da Domenico Mellini di commissione della serenissima Maria Cristina di Lorena ora per la prima volta pubblicati con illustrazioni, Magheri, Firenze 1820, p. 117.

A differenza di quella di Mellini, la descrizione di Giorgio Vasari non riguarda in modo esplicito l’apparato del 1566, ma quello disegnato da Filippo Brunelleschi per una festa dell’Annuciazione che si svolse probabilmente negli anni ‘30 del 1400. Questa descrizione si trova ne Le Vite, dove Vasari racconta della tradizione degli Ingegni del Paradiso a Firenze e li descrive nei particolari.  

Vasari era probabilmente poco informato sulla tecnologia delle macchine teatrali usate al tempo di Brunelleschi, dato che la sua conoscenza di questi apparati era legata a quelli ancora esistenti intorno al 1560. Dopo aver trovato le macchine del Paradiso conservate nel chiostro del Carmine, le restaurò per utilizzarle nella chiesa di S. Spirito per la sua nuova versione della festa dell’Annunciazione.

Da questo si evince che, quando Vasari descrive l’apparato di Brunelleschi per la festa dell’Annunciazione, in realtà descrive il suo apparato del 1566, creando una connessione implicita tra sé e il famoso architetto fiorentino. La seguente descrizione è estratta dalla biografia di Filippo Brunelleschi inclusa ne Le Vite:

“Aveva dunque Filippo per questo effetto, fra due legni di que' che reggevano il tetto della chiesa, accomodata una mezza palla tonda a uso di scodella vòta overo di bacino da barbiere, rimboc[c]ata all'ingiù; la quale mezza palla era di tavole sottili e leggeri confitte a una stella di ferro che girava il sesto di detta mezza palla, e strignevano verso il centro, che era bilicato in mezzo, dove era un grande anello di ferro intorno al quale girava la stella de' ferri che reggevano la mezza palla di tavole.

E tutta questa machina era retta da un legno d'abeto gagliardo e bene armato di ferri, il quale era a traverso ai cavalli del tetto; et in questo legno era confitto l'anello che teneva sospesa e bilicata la mezza palla, la quale da terra pareva veramente un cielo. E perché ella aveva da piè nell'orlo di dentro certe base di legno tanto grandi e non più che uno vi poteva tenere i piedi, et all'altezza d'un braccio, pur di dentro, un altro ferro, si metteva in su ciascuna delle dette basi un fanciullo di circa dodici anni, e col ferro alto un braccio e mezzo si cigneva in guisa che non avrebbe potuto, quando anco avesse voluto, cascare. Questi putti, che in tutto erano dodici, essendo accomodati come si è detto sopra le base, e vestiti da Angeli con ali dorate e capegli di mattasse d'oro, si pigliavano, quando era tempo, per mano l'un l'altro, e dimenando le braccia pareva che ballassino, e massimamente girando sempre e movendosi la mezza palla; dentro la quale, sopra il capo degl'Angioli, erano tre giri over ghirlande di lumi acomodati con certe piccole lucernine che non potevano versare: i quali lumi da terra parevano stelle, e le mensole, essendo coperte di bambagia, parevano nuvole.

Del sopradetto anello usciva un ferro grossissimo, il quale aveva a canto un altro anello, dove stava apiccato un canapetto sottile che, come si dirà, veniva in terra. E perché il detto ferro grosso aveva otto rami che giravano in arco quanto bastava a riempiere il vano della mezza palla vòta, e il fine di ciascun ramo un piano grande quanto un tagliere, posava sopra ogni piano un putto di nove anni in circa, ben legato con un ferro saldato nelle altezza del ramo, ma però in modo lento, che poteva voltarsi per ogni verso. 

Questi otto Angioli retti del detto ferro, mediante un arganetto che si allentava a poco a poco, calavano dal vano della mezza palla fino sotto al piano de' legni piani che reggono il tetto otto braccia, di maniera che erano essi veduti e non toglievano la veduta degl'Angioli ch'erano intorno al didentro della mezza palla. Dentro a questo mazzo degl'otto Angeli (che così era propriamente chiamato) era una mandorla di rame, vòta dentro, nella quale erano in molti buchi certe lucernine messe in sur un ferro a guisa di cannoni, le quali, quando una molla che si abbassava era tocca, tutte si nascondevano nel vòto della mandorla di rame, e, come non si aggravava la detta molla, tutti i lumi per alcuni buchi di quella si vedevano accesi.

Questa mandorla, la quale era apiccata a quel canapetto, come il mazzo era arrivato al luogo suo, allentato il picciol canapo da un altro arganetto, si moveva pian piano e veniva sul palco dove si recitava la festa; sopra il qual palco, dove la mandorla aveva da posarsi apunto, era un luogo alto a uso di residenza, con quattro gradi, nel mezzo del quale era una buca, dove il ferro apuntato di quella mandorla veniva a diritto; et essendo sotto la detta residenza un uomo, arivata la mandorla al luogo suo, metteva in quella senza esser veduto una chiavarda, et ella restava in piedi e ferma. Dentro la mandorla era a uso d'angelo un giovinetto di quindici anni in circa cinto nel mezzo da un ferro, e nella mandorla da piè chiavardato in modo che non poteva cascare: e perché potesse ingenoc[c]hiarsi era il detto ferro di tre pezzi, onde ingenoc[c]hiandosi entrava l'un nell'altro agevolmente. E così quando era il mazzo venuto giù e la mandorla posata in sulla residenza, chi metteva la chiavarda alla mandorla schiavava anco il ferro che reggeva l'Angelo, onde egli uscito caminava per lo palco e giunto dove era la Vergine la salutava et annunziava. Poi tornato nella mandorla e racesi i lumi che al suo uscirne s'erano spenti, era di nuovo chiavardato il ferro che lo reggeva da colui che sotto non era veduto; e poi, allentato quello che la teneva, ell'era ritirata su, mentre cantando gl'Angeli del mazzo e quelli del cielo che giravano, facevano che quello pareva propriamente un paradiso, e massimamente che oltre al detto coro d'Angeli et al mazzo, era a canto al guscio della palla un Dio Padre circondato d'Angeli simili a quelli detti di sopra, e con ferri accomodati: di maniera che il cielo, il mazzo, il Dio Padre, la mandorla con infiniti lumi e dolcissime musiche rappresentavano il paradiso veramente”.

Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori: nelle redazioni del 1550 e 1568, editors: Paola Berocchi and Rosanna Bettarini (6 vols), Vol. III, pages 189-90, Florence 1966.

Ricordi intorno ai costumi, azioni, e governo del sereniss. gran duca Cosimo I. scritti da Domenico Mellini di commissione della serenissima Maria Cristina di Lorena ora per la prima volta pubblicati con illustrazioni, Firenze 1820.

Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori: nelle redazioni del 1550 e 1568, editors: Paola Berocchi and Rosanna Bettarini - 6 volumes. Florence 1966.

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Titolo: The Heaven Machinery in the Florentine Theatrical Tradition 

Autore: Alessandra Buccheri (Accademia di belle Arti di Palermo) alessandra.buccheri@abapa.education

English Translation and Proof Reading: Alessandra Buccheri, Alexander McCargar

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Immagini:  Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (images 1, 2), Chiara Buccheri (image 3), National Gallery London (images 4, 5).